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Atti degli Apostoli 18

Atti degli Apostoli

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Capitolo 19

1


 

  Mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le regioni dell'altopiano, giunse a Efeso. Qui trovò alcuni discepoli  

 

 

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  e disse loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santo quando siete venuti alla fede?». Gli risposero: «Non abbiamo nemmeno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo».  

 

 

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  Ed egli disse: «Quale battesimo avete ricevuto?». «Il battesimo di Giovanni», risposero.  

 

 

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4


 

  Disse allora Paolo: «Giovanni ha amministrato un battesimo di penitenza, dicendo al popolo di credere in colui che sarebbe venuto dopo di lui, cioè in Gesù».  

 

 

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  Dopo aver udito questo, si fecero battezzare nel nome del Signore Gesù  

 

 

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  e, non appena Paolo ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo e parlavano in lingue e profetavano.  

 

 

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  Erano in tutto circa dodici uomini.  

 

 

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  Entrato poi nella sinagoga, vi potè parlare liberamente per tre mesi, discutendo e cercando di persuadere gli ascoltatori circa il regno di Dio.  

 

 

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  Ma poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere dicendo male in pubblico di questa nuova dottrina, si staccò da loro separando i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno.  

 

 

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  Questo durò due anni, col risultato che tutti gli abitanti della provincia d'Asia, Giudei e Greci, poterono ascoltare la parola del Signore.  

 

 

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  Dio intanto operava prodigi non comuni per opera di Paolo,  

 

 

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  al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano.  

 

 

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  Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: «Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica».  

 

 

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  Facevano questo sette figli di un certo Sceva, un sommo sacerdote giudeo.  

 

 

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  Ma lo spirito cattivo rispose loro: «Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?».  

 

 

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  E l'uomo che aveva lo spirito cattivo, slanciatosi su di loro, li afferrò e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e coperti di ferite.  

 

 

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  Il fatto fu risaputo da tutti i Giudei e dai Greci che abitavano a Efeso e tutti furono presi da timore e si magnificava il nome del Signore Gesù.  

 

 

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  Molti di quelli che avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche magiche  

 

 

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  e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e trovarono che era di cinquantamila dramme d'argento.  

 

 

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  Così la parola del Signore cresceva e si rafforzava.  

 

 

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  Dopo questi fatti, Paolo si mise in animo di attraversare la Macedonia e l'Acaia e di recarsi a Gerusalemme dicendo: «Dopo essere stato là devo vedere anche Roma».  

 

 

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  Inviati allora in Macedonia due dei suoi aiutanti, Timòteo ed Erasto, si trattenne ancora un po' di tempo nella provincia di Asia.  

 

 

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  Verso quel tempo scoppiò un gran tumulto riguardo alla nuova dottrina.  

 

 

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  Un tale, chiamato Demetrio, argentiere, che fabbricava tempietti di Artèmide in argento e procurava in tal modo non poco guadagno agli artigiani,  

 

 

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  li radunò insieme agli altri che si occupavano di cose del genere e disse: «Cittadini, voi sapete che da questa industria proviene il nostro benessere;  

 

 

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  ora potete osservare e sentire come questo Paolo ha convinto e sviato una massa di gente, non solo di Efeso, ma si può dire di tutta l'Asia, affermando che non sono dei quelli fabbricati da mani d'uomo.  

 

 

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  Non soltanto c'è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artèmide non venga stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che l'Asia e il mondo intero adorano».  

 

 

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  All'udire ciò s'infiammarono d'ira e si misero a gridare: «Grande è l'Artèmide degli Efesini!».  

 

 

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  Tutta la città fu in subbuglio e tutti si precipitarono in massa nel teatro, trascinando con sé Gaio e Aristarco macèdoni, compagni di viaggio di Paolo.  

 

 

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  Paolo voleva presentarsi alla folla, ma i discepoli non glielo permisero.  

 

 

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  Anche alcuni dei capi della provincia, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non avventurarsi nel teatro.  

 

 

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  Intanto, chi gridava una cosa, chi un'altra; l'assemblea era confusa e i più non sapevano il motivo per cui erano accorsi.  

 

 

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  Alcuni della folla fecero intervenire un certo Alessandro, che i Giudei avevano spinto avanti, ed egli, fatto cenno con la mano, voleva tenere un discorso di difesa davanti al popolo.  

 

 

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  Appena s'accorsero che era Giudeo, si misero tutti a gridare in coro per quasi due ore: «Grande è l'Artèmide degli Efesini!».  

 

 

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  Alla fine il cancelliere riuscì a calmare la folla e disse: «Cittadini di Efeso, chi fra gli uomini non sa che la città di Efeso è custode del tempio della grande Artèmide e della sua statua caduta dal cielo?  

 

 

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  Poiché questi fatti sono incontestabili, è necessario che stiate calmi e non compiate gesti inconsulti.  

 

 

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  Voi avete condotto qui questi uomini che non hanno profanato il tempio, né hanno bestemmiato la nostra dea.  

 

 

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38


 

  Perciò se Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno delle ragioni da far valere contro qualcuno, ci sono per questo i tribunali e vi sono i proconsoli: si citino in giudizio l'un l'altro.  

 

 

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39


 

  Se poi desiderate qualche altra cosa, si deciderà nell'assemblea ordinaria.  

 

 

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40


 

  C'è il rischio di essere accusati di sedizione per l'accaduto di oggi, non essendoci alcun motivo per cui possiamo giustificare questo assembramento».  

 

 

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41


 

  E con queste parole sciolse l'assemblea.  

 

 

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Atti degli Apostoli 20

 

 

 

 

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